IL CASO ANCELLOTTI E IL PESO DEI SENATORI di Paolo Scola

Il caso dell’esonero di Carlo Ancelotti dal Bayern Monaco riporta alla ribalta il tema se all’interno di uno spogliatoio comandi l’allenatore o i giocatori.
Il precedente più eclatante fu quello di Arrigo Sacchi contrapposto a Marco Van Basten con l’aut aut imposto dal tecnico romagnolo che Berlusconi risolse licenziando in tronco Sacchi e tenendosi il giocatore.
Ma nel corso di questi anni abbiamo assistito innumerevoli volte a casi del genere, l’esonero di Spalletti dalla Roma nel 2009 con i rumors che parlavano già allora di un veto di Totti, quello del Leicester di Ranieri o di Mourinho nella sua seconda esperienza al Chelsea.
Come dimenticare l’esonero in diretta tv del portiere del Palermo Sorrentino nei confronti di Ballardini o quello più altisonante di Rafa Benitez dall’Inter con lo spogliatoio schierato contro in maniera esplicita subito dopo aver conquistato il mondiale per club?
O quello di Roberto Mancini dal Manchester City del quale tempo dopo Edin Dzeko racconterà dei malumori espressi alla dirigenza da parte di numerosi calciatori?
Insomma, scopriamo l’acqua calda. Non è facile amalgamare un gruppo di persone con personalità così forti e pronunciate, ci sono allenatori che ci riescono grazie al loro carisma, altre che accettano di buon grado di affiliarsi al gruppo egemone all’interno dello spogliatoio come avveniva anni fa con l’inter degli argentini.
Anche nella Juventus recente abbiamo vissuto situazioni analoghe quando, dopo la partita di Sassuolo, il gruppo dei senatori ha in qualche modo imposto il proprio peso e le sue scelte.
Un allenatore più stupido o più arrogante di Max Allegri a questo punto non sarebbe più da tempo probabilmente l’allenatore della Juventus perchè la storia di Carlo Ancelotti insegna che si può essere licenziati anche se l’anno prima hai vinto lo scudetto nel momento in cui i risultati ad un certo punto cominciano ad andare male.