A TU PER TU CON MICHELE GIGANTINO AUTORE DEL LIBRO: LA JUVENTUS E’ UN SENTIMENTO,LO ABBIAMO INTERVISTATO
Michele Gigantino, autore di un doppio libro dal titolo “La Juve è un sentimento” (Prima parte del viaggio e Seconda parte del viaggio i sottotitoli che differenziano i due volumi), ci ha concesso un’ intervista che permette di conoscere non solo i contenuti dell’opera di recentissima pubblicazione (aprile e maggio scorsi) ma che apre altresì uno spaccato significativo sui valori cui egli annette maggiore importanza, nella vita come nello sport.
Generale Gigantino, lei è un uomo di scienza. Medico, psicoterapeuta, coautore di libri che trattano della condizione giovanile e dell’abuso di sostanze, nonché autore di una quarantina di lavori su tematiche psicologico-psichiatriche, presentati in Congressi scientifici a livello nazionale e internazionale. Come le è venuta l’idea di scrivere due libri sulla Juventus?
“Nell’essere umano, per dirla con la terminologia dell’Analisi Transazionale, c’è una parte Bambina, che si nutre di entusiasmi, di passioni. Crescendo tendiamo a trascurarla, assorbiti dai molteplici impegni della nostra vita di adulti produttivi. È un errore, che ci causa problemi sia di natura organica che mentale. Le passioni non vanno mai trascurate troppo, al massimo devono essere disciplinate.
Personalmente ho sempre nutrito una grande passione per il calcio, che ho giocato fin a età avanzata, e ho sempre tifato per la Juventus. Per cui, quando gli impegni lavorativi sono divenuti meno pressanti, ho potuto concedere più spazio alla mia parte Bambina, che da tempo reclamava affinchè raccontassi le sue passioni”.
Mi descrive il suo legame con la Juve?
“È un legame fortissimo, inscindibile, fin da quando ero piccolo. Nacque come una passione tutta mia, perché gli uomini della mia famiglia, mio padre e mio fratello, tifavano Napoli e non ricordo nemmeno compagni di scuola o amici d’infanzia che a Roma, dove ho sempre vissuto, parteggiassero per la Juve.
Soltanto con il tempo avrei scoperto l’ampia condivisione della mia passione. Nessun’altra squadra italiana infatti ha mai posseduto la forza e il fascino per unificare classi sociali differenti, Regioni del Nord e del Sud, generazioni di nonni, padri e figli”.
Qual è il suo legame con Agropoli, località di cui lei più volte parla nelle pagine dei suoi libri?
“Anche questo è un legame fortissimo, inscindibile. Ad Agropoli ci sono infatti le mie radici. Nel Borgo Antico c’è la casa dove vivevano i nonni paterni, la stessa che mi ospita nei miei attuali soggiorni agropolesi, quella dove nacque mio padre nel 1914.
Ad Agropoli ho trascorso tutte le mie estati e ci vengo sempre più di frequente.
Alla sabbia della spiaggia della Marina si legano ricordi di accanite partite a pallone che giocavamo d’estate fino al tramonto del sole, così come al vecchio Campo Sportivo sono collegati quelli delle sfide estive tra le squadre delle spiagge di Trentova e del Lido Azzurro. In quelle occasioni la tribuna del vecchio campo traboccava di spettatori, villeggianti e locali, e io, che giocavo in porta con la rappresentativa di Trentova, avevo sempre dietro la mia rete un tifoso speciale, Peppino Spinelli, figlio di un carissimo amico di mio padre, tifosissimo della Juve anche lui. Peppino ci lasciò presto e a lui è intitolato lo Juventus Club di Agropoli. Io gli ho dedicato il secondo dei miei libri.
Con l’Agropoli Calcio disputai nel 1968 un torneo estivo, lo ricordo bene perché dovetti chiedere il nulla osta all’ A.S. Roma, nel cui settore giovanile giocavo. Vincenzo Margiotta, l’allenatore del tempo, sosteneva che fossi più bravo di mio padre, che pure era stato portiere.
Ad Agropoli infine riposano i miei cari e non faccio fatica a dire che è proprio ad Agropoli che io sento più profondamente il respiro della mia anima”.
La Juventus è tanto amata e altrettanto odiata. Come se lo spiega?
“Perché ha sempre vinto e vince tuttora molto spesso. I vincitori, nello sport così come nella vita, possono essere ammirati, invidiati, ma quasi mai risultano simpatici.
Voglio fare con lei una riflessione. In quali periodi la Juventus ha dovuto affrontare i maggiori attacchi giuridico-mediatici? Quando dominava il calcio italiano.
La vicenda doping, scaturita dalle denunce dell’astioso Zeman, esplose mentre la Juve di Lippi dettava legge in Italia e aveva disputato tre finali consecutive di Champions. All’epoca fu “vivisezionata” solo la farmacia bianconera.
“Calciopoli” divampò dopo due anni di dominio assoluto della Juve di Capello, che aveva ampie prospettive per continuare a imporre la sua dittatura anche successivamente. Nella circostanza furono portate all’attenzione mediatica solo le intercettazioni telefoniche che riguardavano Moggi, stralciando tutte le altre, che avrebbero, se rese note, fatto comprendere come Luciano si comportasse come tutti gli altri Dirigenti dell’italico pallone. Anzi avrebbero dimostrato, come fu chiaro anni dopo, che qualcuno aveva fatto di peggio. Solo che, quel qualcuno, essendo nel frattempo intervenuta la prescrizione, non solo non pagò per quello che il Procuratore Palazzi configurò come illecito sportivo, meritevole della retrocessione in Serie B, ma addirittura continua a menar vanto per uno scudetto che invece dovrebbe far arrossire per le modalità con le quali fu sottratto a chi lo aveva vinto sul campo.
Nel 2018 Andrea Agnelli è stato coinvolto in un processo sportivo per le accertate infiltrazioni della malavita organizzata nella compravendita dei biglietti d’accesso allo Stadium, riportando la squalifica di un anno, poi commutata in una salatissima sanzione amministrativa. Il Presidente della Juventus, della squadra che si accingeva a vincere il settimo scudetto consecutivo, quello al quale era stata attribuita un’importante carica nell’ambito del calcio internazionale, quale Presidente dell’European Club Association, in Italia veniva dunque inquisito, condannato e costretto a rispondere ai quesiti della Commissione Nazionale Antimafia. Come se non fosse già ben noto, da almeno un trentennio, che le società calcistiche subiscono il ricatto della malavita organizzata.
Guardi i tifosi della Juve hanno capito da tempo come vanno le cose in questo Paese. Purtroppo non solo nel calcio. Per limitarsi al mondo del pallone e per tentare di sintetizzare la risposta alla sua domanda, le dico che sono in ballo interessi economici troppo grandi per consentire che una singola squadra monopolizzi troppo a lungo i successi e che, a livello psicologico e sociale, una tale eventualità viene ritenuta, forse anche a ragione, troppo frustrante per gli appassionati delle contendenti, con il rischio che tutto il movimento ne subisca un decremento in termini di partecipazione”.
Mi dica quali sono i tre giocatori della Storia della Juve cui si sente maggiormente legato e perché?
“Premesso che la sua domanda mi costringe a una selezione dolorosissima, le dico Giampiero Boniperti, Gaetano Scirea e Beppe Furino.
Di Boniperti è difficile dire se sia stato più grande il giocatore o il Presidente. Di certo, quando si parla della Juve in chiave storica, non si può che parlare della Famiglia Agnelli e di Boniperti.
Il calciatore, dal vivo, l’ho visto una sola volta, ma le sue gesta sono note. Per sintetizzarle basta ricordare che, nel 1953, fu l’unico giocatore italiano in campo a Wembley, nella partita che celebrava i 90 anni della Federazione Inglese di calcio. Inghilterra-Resto d’Europa terminò 4-4, con due gol di Boniperti, che venne giudicato il miglior giocatore della partita.
Come Presidente è stato poi insuperabile, portando la Juve a vincere tutto in Italia, in Europa e nel Mondo, con una gestione caratterizzata da rara competenza, oculatezza, fermezza e, a un tempo, profonda umanità.
Di Gaetano Scirea è difficile dire se sia stato più grande il calciatore o l’uomo. Se si considera quello che il giocatore ha vinto, ovvero tutto, e sempre da protagonista, si comprende come il mio dilemma sia connesso con le caratteristiche dell’uomo.
Ebbene, quando mi capita di ricordare Gaetano, non posso non pensare che egli abbia incarnato, ai livelli più elevati, i nobili valori della straordinaria tradizione juventina. Mai una polemica, mai una parola fuori posto. La grandezza assoluta nella modestia, nel silenzio. L’autorevolezza senza la necessità di sprecare parole o gesti.
Uomini del genere non scompaiono mai, sono veri e propri maestri di vita e riuscire a interiorizzare anche solo una parte dei loro valori costituisce da un lato un arricchimento personale, dall’atro un modo per mantenerli sempre in vita.
Beppe Furino è stato un autentico fuoriclasse, non per tocchi di palla felpati ma per grinta, per fiato, per coraggio, per senso tattico, per amore assoluto per la maglia. Beppe ha incarnato, meglio di chiunque altro nella Storia della Juve, lo spirito che sta nel DNA della squadra bianconera, ovvero quello del combattente che nulla e nessuno teme e che mai s’arrende”.
Cosa prova pensando agli ultimi otto campionati consecutivamente vinti dalla Juve?
“Un sentimento, penso comune a tutti i tifosi juventini, di smisurato orgoglio e di profonda ammirazione e gratitudine per tutti coloro che hanno reso possibile una simile sequela di successi. La Juve veniva dalle “macerie” di “Calciopoli” e, solo affidandosi ai valori più consolidati della propria Storia, ovvero a serietà, competenza, lavoro, disciplina, rispetto per le regole, poteva operare la ricostruzione che l’ha condotta a riscrivere la sua stessa leggenda”.
Perchè ha scritto due libri dallo stesso titolo, suddividendo il suo viaggio sentimentale con la Juve in due parti?
“Perché il primo libro ha la narrazione tipica dei romanzi epocali, ripercorrendo, al fianco della Juve, oltre sessant’anni di vita italiana e intrecciando con discrezione alle vicende sportive quelle relative alla mia vita.
Il ritmo della narrazione del secondo volume è invece volutamente adeguato alla ricerca dell’analisi dettagliata degli otto campionati consecutivamente vinti dalla Juve, oltre che di tutti gli altri successi conseguiti dalla società bianconera in questi ultimi anni. Questa scelta ha avuto due motivazioni: mancava un lavoro del genere ed era fondamentale, a mio parere, produrlo, per celebrare e fissare nella memoria l’impresa leggendaria.
Il sentimento per la Juve è ovviamente il filo conduttore anche di questo secondo volume, che narra una storia straordinaria, da leggere, rileggere e da narrare e tramandare alle future generazioni, non solo di juventini”.
A chi sono rivolti i suoi due libri?
“ È scritto nella dedica del primo, dove si legge: A mio padre, che mi fece amare il gioco del calcio, e a tutti coloro che si nutrono del mio stesso sentimento.
Mi riferivo al sentimento d’amore per il gioco del calcio, non semplicemente a quello per la Juve.
Nutro un profondo rispetto per i sentimenti altrui, anche quando questi, in campo calcistico, sono colorati in maniera differente dai miei. E tale rispetto si rinviene nelle pagine dei miei libri, nei quali sono raccontati anche i successi delle altre squadre del panorama calcistico nazionale.
Così i tifosi dell’Inter potranno ritrovare la grande squadra che, negli anni sessanta, colse strepitosi successi nazionali e internazionali.
Quelli del Milan leggeranno della prima storica Coppa dei Campioni conseguita da una squadra italiana e degli straordinari successi dell’epoca di Silvio Berlusconi.
I tifosi del Napoli ritroveranno gli scudetti e le varie Coppe vinte dai partenopei.
Quelli della Roma e della Lazio avranno il giusto e dovuto riconoscimento per i meritati successi delle squadre capitoline, anche se questi coincidono sempre con amari secondi posti della mia Juve.
Quelli della Fiorentina potranno rievocare la magnifica squadra che vinse l’ultimo scudetto viola, nel Campionato 1969-1970.
Quelli del Bologna potranno leggere le emozionanti pagine relative al romanzesco Torneo 1963-1964, che si concluse con l’unica partita di spareggio che si sia resa finora necessaria per l’assegnazione del titolo di squadra Campione d’Italia.
Quelli di Cagliari, Sampdoria e Verona ritroveranno i miracoli sportivi delle loro squadre, capaci per una volta di essere le più grandi del lotto di partecipanti.
I tifosi del Torino potranno commuoversi rievocando i campioni che vinsero il titolo nella stagione 1975-1976, 27 anni dopo Superga.
Chi vince sul campo merita sempre ricordo, ammirazione e rispetto e, nei miei libri, questi non vengono mai meno.
Proprio per questo motivo mi sento di poter dire che ciò che ho scritto nei miei due libri è rivolto a tutti gli appassionati di calcio, nessuno escluso, che avranno anche la possibilità, leggendoli, di conoscere un po’ meglio la loro, a volte odiata, avversaria”. Sergio Vessicchio COME ACQUISTARE IL LIBRO CLICCA QUI