ABDUL, DALLA LITE CON DE LUCA A CALCIATORE (QUASI) PROFESSIONISTA

SALERNO – E il sogno si realizzò. Da profugo a calciatore nel campionato italiano di Eccellenza con tanto di contratto che, dinanzi alla legge, lo rende un emigrante «regolare». Per Abdul Kareem Usman, oggi ventidue anni, la vita non è stata per nulla semplice: partito da un piccolissimo villaggio della Nigeria, quando era ancora minorenne, è sbarcato in Italia «orfano» del suo più caro amico e compagno di viaggio, ucciso dalla barbarie dei soldati libici. Una volta in salvo, per lui è iniziato il calvario di tutti i clandestini fino alla conquista di un permesso di soggiorno. È stato allora che la sua vita si è intrecciata con quella dell’allora sindaco, oggi governatore, Vincenzo De Luca. Un incontro che gli è costato una condanna a dieci mesi di reclusione, pena sospesa, per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate. Un incontro durato pochi minuti, il tempo della classica «sceriffata» deluchiana, ma che ha condizionato i suoi ultimi due anni di vita.

Sono trascorsi proprio due anni da quando Abdul Kareem Usman è finito per la prima volta dinanzi ai giudici salernitani. Due anni durante i quali, in attesa del processo d’Appello, tante cose sono cambiate per il ragazzo.
Anche se la sentenza dell’udienza di ieri verrà depositata in giornata, è stata la stessa Procura generale a chiedere per lui l’assoluzione dalle accuse di lesioni aggravata. Quella a lui contestata contro i vigili urbani, feriti ma non aggrediti, come da loro stessi riferito nel corso dell’udienza di convalida del fermo, due anni prima. Una richiesta che, se verrà accolta dal collegio del presidente Michelangelo Russo, gli consentirà di vivere la sua esperienza di calciatore a Trento con il cuore più leggero. Nelle lacrime venute fuori a fine udienza, e in quel lungo abbraccio con il suo legale, l’avvocato Leopoldo Catena, per Abdul si è definitivamente chiusa la sua esperienza salernitana: oggi, difatti, partirà per la sua nuova destinazione per vivere il suo sogno. Proprio il suo legale, nominato d’ufficio, ha sempre creduto in questo ragazzo e nelle sue aspirazioni, tanto da seguirlo passo dopo passo anche al di là delle aule di tribunale, anche nella sua carriera sportiva.

Kareem Usman balzò agli onori della cronaca a fine marzo del 2015. Era dinanzi ad un supermercato a chiedere qualche spicciolo alle signore in cambio di un aiuto nel portargli la spesa quando fu notato dall’allora sindaco De Luca nel pieno della sua campagna contro l’accattonaggio. Presente anche il primo cittadino durante il controllo del ragazzo da parte dei vigili urbani, De Luca ebbe anche un botta e risposta con alcuni cittadini intervenuti in difesa del giovane. A loro De Luca prima urlò «Vergognatevi» e poi «Qui ci sparano anche addosso». Dinanzi alla parola «sparare», Abdul reagì. Lui che fuggiva dalla guerra e aveva visto ammazzare il suo amico, sapeva bene cosa vuol dire sparare. Così, alle polemiche contro gli agenti, ai quali non aveva alcuna intenzione di dare i propri documenti personali, seguì qualche spintone. Nel parapiglia generale, un vigile cadde a terra e un altro si fece male al naso. Secondo la ricostruzione dell’avvocato, due anni fa come ieri in aula, fino a quel momento il ragazzo era stato tranquillo: sarebbero dunque state quelle parole a innervosirlo e a causare la sua reazione. Ma le sue parole allora non convinsero il giudice che condannò il ragazzo a dieci mesi pena sospesa.

In due anni, però, per Abdul tante cose sono cambiate. Il suo permesso di soggiorno, nonostante il precedente penale, gli è stato rinnovato grazie ad un contratto ottenuto con una piccola squadra di calcio del napoletano. Poi il salto di qualità al campionato di Eccellenza per una società di Trento. Petronilla Carillo