GOVERNO DURO ATTACCO ALLA JUVENTUS LA MELONI FA SALTARE LO SPONSOR
Come fare di una sponsorizzazione, per la verità politicamente assai sensibile, un caso che agita la già non tranquilla coalizione di governo. Personaggi e interpreti. Da una parte la Juventus che, alle porte della nuova stagione, è ancora senza sponsor sulla maglia. Un caso che ha dell’eccezionale, considerando che sino a pochi anni fa ci sarebbe stata la corsa a stampare il proprio nome sulla divisa della Vecchia signora. Chiuso il pluriennale contratto con Jeep del gruppo Stellantis (341 milioni di euro per 12 stagioni) per decisione dell’amministratore delegato della casa automobilistica Carlo Tavares, i manager di John Elkann guidati dal Managing Director Revenue & Football Development Francesco Calvo sono stati sguinzagliati per individuare il sostituto. Qualche settimana fa sembrava che le trattative con Amazon fossero in uno stato avanzato. Marchio prestigioso e attivo nel mondo del calcio, visto che trasmette i migliori incontri di Champions League. Peccato però che dopo i primi approcci il dossier si sia fermato sulle rispettive scrivanie e lì, salvo improbabili sviluppi, sia destinato a rimanere.
Pessimi rapporti tra Stellantis e il governo Meloni
Parallelamente però ne è stato aperto in sordina un altro che ha lasciato molti addetti ai lavori di stucco, visto il nome della controparte: Ita Airways. Stupore giustificato, dati i pessimi rapporti tra Stellantis (di cui Elkann è presidente), che il governo accusa di avere da tempo deciso di ridimensionare la sua produzione italiana, e Giorgia Meloni che, attraverso il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, da tempo chiede a Tavares e all’imprenditore torinese impegni seri per il nostro Paese.
Il capitolo Juve in cda con il via libera del Mef
Ebbene, nell’ultimo consiglio di amministrazione di Ita Airways prima della pausa estiva, il capitolo Juventus era stato inserito nell’ordine del giorno, segno che un accordo di massima tra Torino e la compagnia aerea era stato raggiunto. Tanto che il presidente Antonino Turicchi aveva ritenuto di portarlo all’attenzione dei consiglieri della ex Alitalia. In questi mesi lui e i suoi dirigenti avevano infatti portato avanti la trattativa. I maligni dicono che né il Mef, azionista unico dela compagnia, né Lufthansa, prossimo padrone, lo sapessero. Ma fonti vicine all’azienda respingono con forza questa ricostruzione, sostenendo che le proprietà, quella vecchia e la futura, erano state informate e avevano dato il loro via libera. Del resto è impensabile immaginare che Turicchi, manager pubblico di lungo corso abituato a navigare tra le insidie della politica, non si fosse peritato di farlo.
L’accordo prevedeva 3 anni di sponsorizzazione a 41 milioni
L’ipotesi di accordo, secondo le indiscrezioni raccolte da Lettera43, inizialmente prevedeva 3 anni di sponsorizzazione per un ammontare di circa 50 milioni, cifra poi scesa nel corso della trattativa a 41 milioni. Pochi rispetto a Jeep, ma considerando la situazione non proprio idilliaca del club torinese ci si poteva accontentare. A questo punto però ecco il colpo di scena. Alcuni giornali drizzano le orecchie e fanno uscire la notizia. E qui avviene il cortocircuito perché Palazzo Chigi, evidentemente all’oscuro di tutto (il Mef, che ha un suo uomo nel cda di Ita, evidentemente preferiva gestire la cosa in autonomia) ha stoppato l’accordo.
Il no di Giorgia: ma proprio a Elkann dobbiamo dare altri soldi?
Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, regista delle nomine, ha avvisato Meloni. E tanto è bastato per scatenare i mal di pancia della premier. Il ragionamento alla base della levata di scudi è stato più o meno questo: ma proprio agli Elkann, che non hanno ancora presentato un piano industriale che salvaguardi la produzione e l’occupazione in Italia, dobbiamo dare 41 milioni? Non bastano i soldi che abbiamo stanziato per: gli ammortizzatori sociali come la Cassa integrazione, la Gigafactory di Termoli che è stata messa in pausa a tempo indefinito, gli incentivi statali alle auto di cui stanno beneficiando? A fronte degli ostacoli che stanno ponendo per portare un altro produttore automobilistico in Italia, oltre all’arroganza dell’ad Tavares che con una mano promette e con l’altra minaccia.
È vero che Enel è energy partner, ma a cifre nettamente minori
Di qui il dietro front di Ita, che ha tolto il tema Juventus dal tavolo, con la dirigenza bianconera che manifestando stupore e disappunto ne ha preso atto. Con qualche cascame di polemica, visto che nel momento in cui Palazzo Chigi sbarrava il passo a ogni accordo con la Juve un’altra partecipata pubblica di rango, Enel, firmava con Torino un accordo in base al quale il colosso elettrico diventava energy partner della squadra. Cifre diverse – per Enel 1,5 milioni di euro per due anni – ma stesso principio, si fa notare nei corridoi della Continassa e della Magliana.
Palazzo Chigi deve cercare di non sconfessare completamente il Tesoro
Amorale della favola: Ita si tiene i suoi 40 milioni, Palazzo Chigi e Mef dovranno trovare un modo per uscire dall’imbarazzante vicenda, in modo che la cosa non suoni come una plateale sconfessione dell’operato del ministero dell’Economia, e la Juventus, a poco più di una settimana dell’inizio del campionato, è ancora senza sponsor di maglia.