ITALIA DA APPLAUSI, SPAGNA CON L’AIUTINO, A UDINE FINISCE IN PAREGGIO

UDINE – La prima prova d’esame della Nazionale di Conte, concentratissimo sull’Europeo, è andata piuttosto bene. L’1-1 con la Spagna campione d’Europa ha offerto al ct la convinzione che l’avventura in Francia, prima di esplorare la Premier League sulla panchina del Chelsea, potrebbe anche non essere anonima. Intanto ha verificato che Insigne è all’altezza della situazione, che Zaza è migliorato grazie all’apprendistato nella Juventus, che Bernardeschi può candidarsi a un posto tra i 23 e che il gioco della squadra funziona: in avanti, considerata anche la presenza di El Shaarawy rinvigorito a Roma, forse il piatto non piange più.  Si attendono ovviamente verifiche ulteriori, anche se, dopo la Germania martedì, le amichevoli con Scozia e Finlandia (a Malta e a Verona) andranno in scena quando la lista degli eletti sarà già stata stilata.

Se l’Italia era indebolita dall’assenza di quattro titolari, come Verratti, Marchisio, Chiellini e Barzagli, anche la Spagna si è adeguata: oltre che agli infortunati Iniesta e Busquets e all’acciaccato-punito Diego Costa, Del Bosque ha rinunciato all’inizio a Koke, Jordi Alba e Silva, lasciati in panchina. La partita è dunque diventata un esame dichiarato per le potenziali controfigure all’Europeo: da una parte Astori, Thiago Motta, Giaccherini e Darmian in versione difensore centrale, dall’altra San Josè, Thiago Alcantara, Azpilicueta a sinistra, Mata e il trentacinquenne centravanti Aduriz, affiancato allo juventino Morata. Il ballottaggio supplementare per il portiere spagnolo, risolto a favore di De Gea, ha segnato inoltre il probabile passaggio dall’era Casillas a quella del più giovane compagno. A Buffon è perciò mancato l’annunciato duello col collega veterano: lui, in compenso, ha raggiunto la presenza numero 155.

La verifica più importante per Conte andava comunque al di là degli uomini: riguardava la capacità della squadra di adeguarsi al principio più caro al ct, la prevalenza degli schemi memorizzati – dogma sacchiano – sulle giocate individuali, cioè del canovaccio studiato sull’estemporaneità. Secondo Conte, si tratta del modo migliorare per azzerare l’oggettivo divario tecnico che separa l’Italia dalle migliori d’Europa. Insigne lo ha parzialmente smentito, ma nella maniera più gradita.  Il Friuli-Dacia, il nuovo stadio gioiello inaugurato al calcio internazionale per l’occasione, ha offerto uno scenario particolarmente adeguato ed entusiasta. L’ambiente è stato affettuoso e coinvolto, fin dal minuto di silenzio per le studentesse dell’Erasmus vittime dell’incidente stradale di Tarragona e per la strage di Bruxelles, con la bandiera del Belgio sul maxischermo. Con una passeggiata a bordocampo a braccetto, prima dell’inizio, Conte e Tavecchio hanno messo in chiaro che la frase del commissario tecnico nella conferenza stampa della vigilia (“sono sottoutilizzato, a dispetto delle promesse”) non era un attacco al presidente federale: saranno fischiate le orecchie, a posteriori, al consigliere Lotito.

In tribuna Capello, dopo avere ribadito il disinteresse per la panchina azzurra, ha constatato la difficoltà del lavoro che attende il successore di Conte: al di là di qualunque formula tattica, il problema evidente è rimasto per un’oretta la scarsa incidenza in attacco. Il ritmo della partita ha obbedito più alle fiammate che all’intensità continua: lo dettavano un po’ il contesto amichevole e un po’ l’inclinazione al gioco ragionato, come se l’adesione agli schemi frenasse talvolta la volontà di liberare l’istinto. Gli azzurri hanno esibito compattezza, attorno alla difesa a 3, meccanismo che la squadra di Del Bosque notoriamente soffre: le accadde nella famigerata sconfitta con l’Olanda al Mondiale brasiliano e da allora il complesso è rimasto, forse per riflesso condizionato. Conte ha provato ad accentuare il disagio oliando gli ingranaggi messi punto a Coverciano, che prevedevano ora l’infoltimento del centrocampo, ora quello della difesa, ora la moltiplicazione degli attaccanti: in pratica l’annunciato camaleontismo, che si realizzava attraverso l’arretramento o l’avanzamento di Florenzi e Giaccherini sulle fasce, le incursioni di Candreva, le sponde ripetute di Pellè per gli altrui inserimenti in area.

Nel primo quarto d’ora lo stratagemma ha funzionato sul consolidato asse Darmian-Candreva: il lancio verticale del primo e la fuga del secondo verso il fondo, con annesso cross, hanno indotto Sergio Ramos al rischioso anticipo su Pellè. Il pallone è carambolato sul palo esterno. De Gea è stato tuttavia impegnato soltanto da un destro da fuori di Candreva. A conferma della latitanza delle punte al tiro, né Pellè, né Eder – sovrastato fisicamente e ai margini del gioco – hanno poi raggiunto un cross arcuato del solito Candreva. Gli attacchi della Nazionale si sono sviluppati quasi esclusivamente a destra, anche perché sulla fascia opposta il suddetto Eder era spento e Giaccherini svolgeva prevalenti compiti difensivi.
La Spagna non ha incantato: ingessato dal 4-3-3 spurio, l’attacco ha pagato il decentramento eccessivo di Morata, mentre a centrocampo Fabregas e Thiago Alcantara, compassati, hanno permesso a Thiago Motta di non pagare qualche limite dinamico. Conte ha osservato con attenzione i due futuri discepoli del Chlesea, Fabregas e Azpilicueta: ne avrà tratto conforto, se non altro, per la disinvoltura e la personalità.  Se il primo tempo si è chiuso stancamente, con l’ammonizione di Thiago Motta per un fallo metà campo su Fabregas e con un tiro al volo rimpallato di Eder, su cross di Candreva smarcato da Eder, il secondo è stato subito scoppiettante.

Il merito va attribuito a Insigne, che ha garantito l’imprevedibilità necessaria al gioco – fino a quel punto troppo canonico – della Nazionale: l’inventiva, nel caso specifico, è diventata il valore aggiunto degli schemi. Poco più tardi dell’esterno del Napoli, sono entrati anche Zaza per Pellè e il debuttante Bernardeschi per Candreva, confezionando un tridente nuovo di zecca e più intraprendente di quello iniziale. La principale novità tattica – mentre Del Bosque rimpiazzava e varava il sistema con le due punte, avvicinando finalmente Morata ad Aduriz e utilizzando Thiago Alcantara da similtrequartista – è consistita nello sfruttare il campo per l’intera ampiezza. Anche da sinistra, infatti, l’Italia ha preso ad attaccare, grazie alla sfrontatezza di Insigne e al graduale adattamento di Giaccherini alla fase di spinta. Proprio un pallone sottratto da Giaccherini all’incauto Juanfran e recapitato a Insigne ha svelato agli azzurri che era possibile vincere: De Gea ha respinto con difficoltà il tiro, ha osservato con sollievo spegnersi a lato la schiacciata di Bonucci sul corner e si è poi dovuto ripetere, in tuffo, sull’arioso contropiede Zaza-Insigne-Florenzi, chiuso dal diagonale rasoterra del romanista. L’1-0 è parso congruo: notevole esercizio di stile ed efficacia, col tagliente aggiramento rasoterra Bernardeschi-Florenzi-Giaccherini per il tocco in scivolata di Insigne. Il gol è stato festeggiato in tribuna anche dalla moglie di Conte, Elisabetta, che si è voltata verso il dirigente del Chelsea Gary Straker, già cicerone di Ranieri ed Ancelotti: la scena ha tolto ogni velo al segreto di Pulcinella.

Peccato che il vantaggio sia durato appena 2′: il tempo della punizione di Fabregas, colpita di testa da Morata per la respinta di Buffon, raccolta da due passi da Aduriz. Morata era in fuorigioco, però l’ingiustizia è stata accolta senza isterismi dalla Nazionale, che ha ugualmente provato a vincere. A un’invenzione di Insigne in pallonetto ha risposto ancora De Gea e l’attivissimo Zaza ha obbligato Piquè al fallo di mano da ammonizione, per fermarne la fuga in dribbling aereo. La Spagna ha prodotto un paio di mischie. Gli ingressi di Antonelli per Giaccherini e nel finale dell’altro esordiente Jorginho e di De Silvestri hanno completato la metamorfosi di una squadra promossa all’esame, secondo verdetto della folla di Udine, che l’ha applaudita con una certa convinzione. Martedì c’è la seconda prova a Monaco, in casa della Germania campione del mondo.

Italia-Spagna 1-1 (0-0)

ITALIA (3-4-3): Buffon, Darmian, Bonucci,  Astori, Florenzi (44′ st De Silvestri sv), Thiago Motta, Parolo (44′ st Jorginho), Giaccherini (34′ st Antonelli), Candreva (15′ st Bernardeschi), Pellè (15′ st Zaza), Eder (6′ st Insigne). (27 Perin, 12 Sirigu, 15 Acerbi, 13 Ranocchia, 25 Rugani, 18 Montolivo, 21 Soriano, 28 Bonaventura, 22 El Shaarawy,  20 Okaka, 7 Zaza). All.: Conte
SPAGNA (4-3-3): De Gea, Juanfran (34′ st Jordi Alba), Piquè, Sergio Ramos (1′ st Koke), Azpilicueta, San Josè, Thiago Alcantara (15′ st Isco), Fabregas, Mata (1′ st Nacho), Aduriz (25′ st David Silva), Morata(41′ st Paco Alcacer) (1 Casillas, 23 Sergio Rico, 19 Mario, 4 Bartra, 25 Sergi Roberto, 11 Pedro, 24 Nolito, 21 Silva). All.: Del Bosque
Arbitro: Deniz Aytekin (Ger).
Reti: nel st 23′ Insigne, 25′ Aduriz.
Angoli: 6 a 3 per l’Italia
Recupero: 0 e 3′
Note: ammoniti Thiago Motta, Parolo, Piquè, Fabregas per gioco falloso; spettatori 25 mila