LE LACRIME DI FEDERICO RUFFO E I SUOI MILLE CONTROSENSI di Sergio Vessicchio

Le lacrime di coccodrillo di Ruffo hanno impietosito tutti ma non il sottoscritto, rimango sempre dell’idea che quella di Ruffo sia una recita, a tratti ben riuscita, ma che alla lunga svela in pieno la vera natura del personaggio.
Parto nel dire che questa volta userò, per scelta, la punteggiatura come Ruffo richiede, così oltre ai contenuti (che sono quelli che REALMENTE contano) daremo a Ruffo modo di affrontare il dibattito serenamente, andando nello specifico invece di arrangiarsi e tergiversare su cose che nulla c’entrano con la questione spostando continuamente l’attenzione. Ruffo si nasconde dietro un falso vittimismo, lo ostenta e lo rende pubblico, si nasconde dietro un finto perbenismo quando invece è il primo a tirarsi la zappa sui piedi, e vi spiegheremo come. Ruffo è un continuo controsenso, diventando, di pari passo, una vera e propria caricatura. Il suo personaggio ora è entrato nel vivo, nel massimo della parte, è pronto a raccogliere tutto quanto seminato. La pubblicità che sta attirando su di se è eloquente, ragion per cui ha ragione nel non considerarmi un suo collega, di fatti è lui il pubblicista, ma non nel senso dell’iscrizione all’albo, bensì da quello più intrinseco della parola. La pubblicità la fa lui, noi parliamo di concetti, di contenuti, e se ci è concesso esprimiamo la nostra idea senza dover dare conto a nessuno, Ruffo su tutti. L’attentato di cui è stato vittima Ruffo è un episodio che va condannato a prescindere e per il quale saremo sempre solidali alla sua persona, che sia chiaro questo concetto, ma strumentalizzare un fatto così grave quando poi non è stata conclusa alcuna indagine, non si ha modo di conoscere il responsabile o i responsabili di tale gesto, sinceramente, ci sembra una cosa abbastanza infelice. Abbiamo chiesto durante il nostro intervento radiofonico al giornalista professionista Ruffo di dimostrarci la matrice juventina a questo attentato. Abbiamo chiesto di dimostrarci con dati certi l’attinenza dell’episodio a cui si fa riferimento. Abbiamo invece ricevuto solo insulti, offese, uscite infelici su tematiche che nulla c’entrano con l’oggetto della discussione, si parlava più del mio scarso (a suo avviso) italiano, del mio stile di scrittura in merito alla punteggiatura, della mia amicizia con Moggi e su quanto asserisco da anni sull’ex direttore generale della Juve. Ruffo si professa di fede juventina, ma al contempo focalizza l’attenzione sulla Juventus realizzando un clamoroso autogol per la sua credibilità e quella del programma. Un inchiesta, se attendibile, porta sul piatto della bilancia TUTTE le realtà calcistiche e non solo una specifica. Puntare il mirino sulla Juve invece fa scalpore, fa audience, e non si dica il contrario siccome la maggior parte dei tifosi in Italia sono di fede juventina mentre la restante anti-juventina. Troppo comodo puntare la squadra più vincente d’Italia, ma al contempo odiata. Così facendo si ha la totalità del pubblico.
Ma la domanda sorge spontanea: perchè solo la Juve? perchè non allargare a macchia d’olio un indagine su un intero movimento? Perchè un evidente disparità di trattamento?
A tutte queste domande Ruffo preferisce tergiversare, preferisce fare scarso sarcasmo di cui evidenzia un impaccio totale, Ruffo preferisce spostare l’attenzione, “scappa” dialetticamente parlando, e lo fa per mera convenienza.
Già, lo juventino Ruffo. Colui che etichetta le mie amicizie come amicizie negative, cerchiandomi come un ricercato nelle foto vicino a chi ha reso grande la Juventus negli anni facendo vincere tutto ciò che c’era da vincere, sul campo, alla vecchia signora. Ruffo il tifoso juventino che probabilmente in quei tempi esultava salendo sul carro dei vincitori quando la Juventus faceva incetta di successi sia in campo nazionale che fuori nazione, deve sapere che non c’è uno straccio di prova contro Moggi ed io rivendico la sua amicizia con estremo orgoglio.
Ma non farò come lui, non sposterò l’attenzione su altre tematiche, non farò il suo gioco questa volta, adesso si parlerà di quello che riguarda la vicenda, di quello che fa il giornalista professionista Ruffo, ci tengo a distinguermi da questo personaggio. Ruffo va in televisione asciugandosi gli occhi nonostante nemmeno l’ombra di una lacrima sul viso, attirando a sè consensi, ma sopratutto solidarietà. Come per magia gli si aprono le porte di miliardi di radio e programmi televisivi dove poter dare sfogo al suo pianto libero. Per carità, anche a me dispiace e condanno quanto successo presso la sua abitazione, come di riflesso dovrebbe fare lui con chi minaccia quotidianamente in queste ore sui social e per strada il sottoscritto, agitato dall’esimio martire giornalista professionista. Facciamo due conti, Ruffo indirettamente chiede solidarietà, ma al contempo è pronto a scagliarmi contro miliardi di haters (odiatori in inglese) come sta facendo sui social e attraverso i media, innescando un clima di odio profondo. I conti non tornano. Ecco l’ennesimo controsenso di cui si rende protagonista il “pubblicista” Ruffo, diventando il mandante di quanto mi sta accadendo in queste ultime ore. Tranquillo Ruffo non farò vittimismo come te, non ho bisogno di notorietà, non devo candidarmi con nessun partito e sopratutto non ho la necessità di fare carriera attraverso queste scorciatoie demagogiche. Altrimenti dovrei iniziare a presentarmi in maniera trasandata, a non farmi la barba la mattina, e a sfoggiare un orecchino in trasmissione. Oppure dovrei minacciare di adire le vie legali per qualsiasi cosa che parli e respiri, impegnando la macchina della giustizia e soldi pubblici per banalità simili, per stronzate. In questo ti rendi simile al fare comunista, adesso capirai, forse, l’accostamento.
Caro Ruffo, la mia solidarietà l’avrai sempre, ma la credibilità nei tuoi confronti MAI.
Ora ho finito di risponderti, puoi mandare la pubblicità. Sergio Vessicchio