La prima impressione che si è avuta sulla sfida è che Pioli, reduce dalla vittoria fuori casa con il Napoli nella scorsa stagione, volesse ripetere quella gara improntandola allo stesso modo: pressing altissimo asfissiante a 70 metri dalla porta per aggredire il Napoli e impedire la sua uscita dal basso con palla al piede.
La prima volta che Spalletti fu messo realmente in difficoltà la scorsa stagione fu contro il Barcellona, quando Xavi affrontò il Napoli fuori casa nello stesso ed identico modo.
Pioli, furbo analista, studiando come il Barcellona riuscì a schermare il gioco del Napoli, propose lo stesso ed identico atteggiamento ai suoi uomini nella scorsa stagione e vinse clamorosamente, sebbene per una sola rete a zero.
Da quel momento in poi sono però cambiate molte cose: Milan campione di Italia e Napoli completamente rifondato.
Nella gara di ieri, Pioli, per battere Spalletti, ha usato la stessa strategia cercando di non far giocare il Napoli e sperando che la sua squadra riuscisse a segnare alle prime occasioni possibili per chiudere la gara. Gli interventi provvidenziali di Meret hanno impedito al Milan di far gol ma non lo hanno scoraggiato dall’ aggredire alto il Napoli e continuare a schermare Lobotka- portatore di palla e playmaker del Napoli- con la pressione di De Ketelaere, sacrificato in avanti, pur di fargli mordere le caviglie degli avversari.
Per 40 minuti il Napoli non ha avuto la possibilità di creare gioco e di concretizzare le poche ripartenze possibili.
Chiuso il primo tempo, il Milan ha continuato a fare da filtro al centrocampo del Napoli, con meno intensità nel pressing alto ma portando ben 4 uomini ad ingabbiare Lobotka e ad infastidire l’altro portento del Napoli: Anguissa.
La chiave tattica di risoluzione della gara è stata trovata però prima da Spalletti che da Pioli: fuori immediatamente Raspadori, mai incisivo – in un ruolo non suo – e con compiti troppo pretenziosi (giocare tra le linee e cercare profondità in avanti) per un giocatore che non nasce attaccante.
Domenichini, oltre a schierare Simeone per Politano ha poi messo in campo Zerbin, scelta apparentemente azzardata dato che il giovane della primavera del Napoli ha prima regalato palla agli avversari e poi non è riuscito a contenere le furie di Theo Hernandez e Messias sulla stessa fascia (dimenticando forse di avere a disposizione in quel ruolo sia Elmas che Lozano). A lungo andare ha disputato comunque una discreta mezz’ora seguendo la squadra e impensierendo anche Maignan.
Dal pareggio del Milan in poi il Napoli con Simeone è riuscito a sbloccare la partita sfruttando un’ ottima occasione aerea, messa a segno da attaccante vero (quello che è mancato per tutto il primo tempo e che Petagna lo scorso anno fece ottimamente nella gelida sfida di San Siro).
Una pagina a parte merita Kvaratskhelia che con i suoi dribbling ha fatto sentire funestamente i suoi effetti stordendo il Milan, guadagnando metri importanti e conquistando un rigore importantissimo che ha dato al Napoli la possibilità di sbloccarsi mentalmente e di ricominciare a giocare nel migliore dei modi.
Sull’indice pericolosità il Milan ha tanto da riflettere: è stato capace di sprecare una gara che aveva iniziato in modo splendido. D’altronde, se dopo 22 partite il Milan non ha mai perso, ad essere ieri sera “on fire” è stato Spalletti, capace di attendere l’avversario e di cambiare le sorti del match.
Complimenti ancora al Napoli che dopo essere primo in Champions e aver battuto il Liverpool in quel modo, ieri sera è riuscito a compiere un’altra impresa grandiosa.
Che sia però solo un punto di inizio e non di arrivo per non ripetere gli errori della scorsa stagione. Dario Santoro

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