MONDIALI L’ARGENTINA CROLLA, L’ARABIA SAUDITA FESTEGGIA 1-2
Sembrava l’inizio del sogno, era solo l’anticamera di un incubo. Argentina in vantaggio dopo 10′ con un rigore di Leo Messi, l’eroe più atteso, osannato dalla folla enorme che ha colorato di bianco e celeste il bellissimo Lusail Stadium (80 mila spettatori). Dieci minuti per stappare il suo quinto Mondiale, quello della programmata redenzione dopo tante amarezze. Strada apparentemente in discesa verso il 37esimo risultato utile consecutivo, quello che avrebbe portato l’Argentina al record del mondo, accanto all’Italia di Mancini. Invece la partita si complica, la Scaloneta gioca male, tradita da troppe stelle e dalla tensione del debutto.
Il c.t. Scaloni ci ha messo del suo con un azzardo a sorpresa andato male (Papu Gomez). A inizio ripresa, l’Arabia Saudita piazza un uno-duo terrificante: pareggia Saleh Al-Shehri con un diagonale stampato sul muso di Romero, segna il gol della gloria Salem Al-Dawsari con una meravigliosa parabola all’incrocio. Saleh, Salem e tanti saluti. L’Argentina annaspa come chi sta per annegare e non riesce più a portare a riva il risultato. Dawsari un suo posticino nella storia se lo era già ritagliato nel lontano 1994 quando, con un gol al 95’ contro l’Egitto, aveva regalato all’Arabia Saudita la prima storica vittoria in un Mondiale. Ora dalla storia, il talentuoso Salem non esce più.
oveva essere la partita del 10. Infatti lo è stata, ma l’altro 10: Salem Dawsari. Dopo le belle sensazioni raccontate alla vigilia, Leo Messi è finito sotto un treno, come in tanti Mondiali precedenti. Vediamo se si rialzerà. Fa ancora in tempo a conquistare il mondo come fece Maradona. Ma per ora, lo ha imitato solo in un esordio da incubo. Alla prima di Italia ’90, anche Oman Biyik (Camerun) segnò all’inizio della ripresa e l’Argentina, poi finalista, non recuperò più.
Al 2’ Messi aveva già tirato in porta (Al-Owais ci arriva in tuffo) e al 10’ aveva già messo la palla in rete: rigore per cintura di Abdulhamid su Paredes in una battaglia di posizione su azione d’angolo. La partita sembra spianata e invece l’Argentina non riesce mai a prenderla in mano come vorrebbe e tanto meno a chiuderla. Merito dell’Arabia che non molla e si appiccica addosso al nobile dell’avversario e colpa dell’Albiceleste che fatica a costruire. Renard ha piazzato Al-Malki davanti alla difesa per intercettare Messi e alzato Al-Shehri di punta per pressare e tentare l’offensiva della gloria. Un 4-1-4-1 a linee strette, tutto lotta e sacrificio, che l’Argentina fatica a perforare, soprattutto perché non riesce a mettere in gioco le ali creative, Di Maria e Gomez, pessimo entrambi, e si ostina a cercare l’imbucata centrale. Scaloni ha tirato fuori dal cilindro il Papu proprio per allargare il campo (4-2-3-1), ma la squadra non ha raccolto il messaggio e la rinuncia a un centrocampista (Mac Allister) e al 4-3-3 complica la costruzione. Il fuorigioco sbandiera via un paio di gol di Lautaro che in entrambe le occasioni mette dentro di fino, segno che il Toro c’è. Il problema è rifornirlo.
L’Argentina probabilmente è convinta che l’Arabia, alla distanza, allenterà la pressione e aprirà spazi, invece a inizio ripresa cadono i 5 minuti che non dimenticherà più. Minuto 3’: l’ex juventino Romero perde sciaguratamente un duello con Al-Shehri che mette dentro un diagonale perfetto. Minuto 8′: Salem Al-Dawsari, l’eroe d’America, converge da sinistra e disegna la parabola che tutti i bambini della terra sognano di mettere all’incrocio in un Mondiale. Sorpasso incredibile. Scaloni prova a mettere ordine e sangue nella squadra, togliendo tre fantasmi (Romero, Paredes e Gomez) e inserendo Lisandro Martinez, Fernandez che diventa il regista del nuovo 4-3-3 e Alvarez che va a dare una mano a Lautaro.
Ma l’Argentina ormai è nel pallone, attacca confusa e disordinata, senza costruire una vera, limpida azione da gol. E quando la palla, in un modo o nell’altro, viaggia verso la porta araba, il portiere Al-Owais diventa un gigante e i suoi compagni di difesa grandi come lui. Intuiscono che sta passando la Storia e ci salgono al volo. Nessuno dimenticherà più la vittoria mondiale contro l’Argentina di Messi che esce a testa bassa, con gli occhi vuoti di troppi Mondiali precedenti.
Le sensazioni positive della vigilia non contano più, come non contano più i 36 risultati utili mesi in fila. Conta solo mangiare l’erba contro Messico e Polonia, avversari più forti dell’Arabia Saudita, per cercare di sopravvivere in torneo avvicinato con troppa fiducia e troppa tenerezza.