PANINI LASCIA IL CALCIO GIOCATO, IL GUERRIERO E’ PRONTO A RILANCIARE SUL CAMPO HA LASCIATO IL SEGNO OVUNQUE: “A CAVA SONO RIMASTO LEGATO”

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Il tempo. Il tempo è quella cosa che, a seconda degli stati d’animo, assume significati diversi e in contrasto tra loro. L’attesa, quella che ti fa vivere il momento e quello che sarà. La nostalgia, quella che ti fa pensare a quello che è stato, con un sorriso che ricorda. La tristezza, quella che accetta inesorabile il ciclo dell’esistenza, e che non ha consolazione da un cerchio che si chiude…Ecco, questa è la storia di Manuel Panini, vita da difensore, che ha calcato, qualche giorno fa, per l’ultima volta, un campo di calcio. Coi tacchetti ai piedi. Tanti sono stati i calciatori che hanno smesso, ma è il modo in cui lo fai che ti rende differente. Con Manuel abbiamo ripercorso le tappe, i sentimenti, le ansie e le paure, le gioie, le risate e le lacrime di una carriera bella, ricca, vissuta con l’intensità del difensore che ti morde le caviglie, che ti toglie il respiro, che sente la maglia sudata e la fatica. Ed è felice. Manuel inizia nel Frosinone, ovvio che sia un ricordo vivido, come ci dice lui stesso:” È stato, in pratica, l’inizio della mia carriera. In un torneo internazionale mi notò Mariotti e il Frosinone mi mise sotto contratto. Fu l’inizio della mia storia d’amore, che è durata 25 anni. Anni in cui ho conosciuto persone importanti, le cose belle e le cose brutte, quelle che magari ti possono abbattere, ma se mi guardo indietro non posso che ritenermi un fortunato. Ho fatto quello che amavo fare, e non è da tutti…” Chi conosce Manuel, sa come ha vissuto il suo essere calciatore: determinato, feroce, incazzato, professionista ai massimi livelli, ma anche tanto cuore. Cuore che spesso si è…aggirato per la Campania, in piazze importanti, forse quelle dal sapore più intenso. Ancora Manuel:” Ho avuto la fortuna di stare in piazze importanti, di quelle che vivono per il calcio e te lo fanno pesare. Taranto, Foggia, Juve Stabia, Paganese, anni bellissimi, ma se dovessi scegliere, dico Cavese.
A Cava ho vinto due campionati, dalla D alla C2 e dalla C2 alla C1. Il primo lo vincemmo con Mario Somma allenatore. Una città che mi è rimasta nel cuore. Una città che vive il calcio come poche altre. Sono legatissimo a quella piazza e alle persone che conosco”.
Da lì Manuel, che era sotto contratto col Catania, diventa il classico giocatore da prendere se vuoi vincere. Arriva, dopo le parentesi con la Sarnese, l’ Agropoli, con due annate tanto belle quanto sfortunate, in cui Manuel diventa leader insieme a Michele Tarallo, di una squadra stellare, che ha la sfortuna di trovare sul proprio cammino il Savoia e l’Akragas, squadre che in D c’entravano poco. Così Manuel:” Ad Agropoli ero al top della carriera come maturità fisica e mentale, i miei compagni erano straordinari, ricordo le risate, gli sfottò, le grandi partite che facevamo. Le delusioni dell’ultima partita, ma questo è il calcio, e porterò con me anche quei sentimenti, perchè tutto ti fa diventare quello che sei…” Già, quello che sei. Quando hai calcato campi che bruciano di passione e di responsabilità, che ti fanno tremare le gambe se non hai testa e palle, fare scelte che non competono al tuo rango sportivo è difficile. Non per Manuel, che torna dalle sue parti, giocando nell’Albalonga in D, scrivendo la storia di quella società, poi Flaminia Civita Castellana sempre in D e poi, beh e poi in Eccellenza, ma con lo stesso vigore e la stessa professionalità di sempre, perché come Manuel ci si nasce, non ci si diventa. L’ultima partita, quel calice amaro che bevi con la dignità del guerriero ferito dalle mille battaglie, ma orgoglioso e fiero di rimanere in piedi, buttando anche la stampella sul centravanti pur di non farlo segnare. Infine, Manuel:” Che dire di quel che provo adesso, l’arbitro fischia la fine e io non giocherò più. Triste ma allo stesso tempo consapevole, perchè la cosa peggiore è vivere di rimpianti. E io non ne ho. Ho dato sempre tutto e questo mi appaga…” La storia finisce qui? Ma manco pe niente, come si direbbe dalla sue parti. Avvertendo lo spessore dell’Uomo oltreché del calciatore, la UniPomezia gli offre l’incarico di direttore sportivo. Per la sua seconda vita su un campo di calcio. E dubbi non ce ne sono, darà il meglio anche lì:” Sto già a lavorà…” Le parole che concludono una chiacchierata che, per chi scrive, è triste anche se non dovrebbe esserlo. Perchè di giocatori così ce ne sono pochi. E per giocatori così, il sorriso pieno di nostalgia è inevitabile. Il pensiero affettuoso va a Simona, compagna di vita e al piccolo Matteo, futuro guerriero. Mi sa che con le babbucce e il plaid, sul divano, non lo vedrete mai. A volte le parole più semplici sono quelle più sentite. Grazie Manuel. Tanti lo diranno. E tanti lo penseranno, anche quelli che le caviglie morse. Via le lacrime, c’è strada da fare e miglia da percorrere. Carlo Marrazza

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