UN ANNO AMARO PER IL TORINO SONO MORTI TRE ALLENATORI MONDONICO GIAGNONI E IERI RADICE

Nella foto in alto ci sono tutti e tre i tecnci del Torino morti nel 2018 in più c’è Camolese. Gustavo Giagnoni, Emiliano Mondonico e ora anche Gigi Radice ci ha lasciato per sempre.
Il sergente di ferro, l’uomo dagli occhi di ghiaccio, colui che ci ha regalato l’ultimo scudetto, colui che è arrivato a Torino e al Toro fra mille dubbi e tanta perplessità con il suo calcio innovativo, all’olandese e che al primo colpo ha centrato l’obiettivo massimo.
Un duro dal cuore buono, un uomo tutto d’un pezzo di quelli sapevano però farsi amare per la propria genuinità.
Un altro importantissimo pezzo di vero Toro che se ne va.
Il dolore è grande e forte, di quelli per cui ci vuole del tempo per assimilarlo.
E ironia del destino te ne sei andato proprio alla vigilia di Milan-Torino, due squadre che per te hanno significato tanto. Moltissimo.

Nato a Milano nel 1935, prima giocatore, 10 anni al Milan col quale vinse fra i tanti trofei, tre scudetti e la Coppa campioni nel ’63. Poi allenatore per 30 anni fino al 1997.
Dopo i successi con la maglia rossonera da calciatore, Radice passò in panchina, importando in Italia il calcio totale nato in Olanda.

Solo uno come Gigi Radice al fischio finale di quel Torino-Cesena del 16 maggio del 1976 terminata per 1-1 allo stadio Comunale festoso per la vittoria del settimo ed ultimo scudetto granata, non riusciva a gioire, ma anzi era incazzato nero per l’errore commesso da Mozzini che costava al suo Toro un altro record, ovvero quello di vincere tutte le partite in casa.

Radice-Graziani-Zac

Era un grande e non sono parole banali, ma sentite e vere.
Un uomo carismatico, brillante che con il duro lavoro seppe realizzare una vera e propria impresa a dispetto di tutti gli scettici.

Un’impresa che poi rischiò di sfiorare ancora nella stagione 1984/85 quando il suo Toro arrivò secondo dietro al Verona dei miracoli Osvaldo Bagnoli.

Berggreen-Radice-Polster

Gigi Radice non c’è più. Si è spento a 83 anni, ne avrebbe fatti 84 a gennaio. Si era ritirato dal calcio a fine anni ’90 (l’ultima panchina fu il Monza), e più di dieci anni fa aveva scoperto di avere l’Alzheimer. Ma il granata gli provocava ancora emozioni, anche nell’ultimo periodo quando viveva ormai in un mondo tutto suo, lontano da quello reale.

Lascia un grande immenso vuoto.

Dopo Giagnoni e Mondonico.
Quartant’anni della miglior storia granata del dopo Superga spariti in pochi mesi.