US AGROPOLI, LE LACRIME DI DE CRISTOFORO SONO PIOGGIA DORATA PER IL CENTENARIO

L’immagine di Paolo De Cristoforo, 34 anni, senatore dell’Agropoli, uomo esperto e pieno di valori etici e morali, sta facendo il giro del web e della stampa. Si chiama Paolo proprio come uno dei due Patroni della città, e domani si festeggiano, ed è il simbolo di questo Agropoli del centenario perchè proprio come fece San Paolo, patrono anche della conversione, quando fu folgorato sulla strada per Damasco, dove avvenne la sua conversione, questa squadra ha fatto convertire in tanti in primis chi scrive. Non avevamo creduto nella bontà di questo progetto, i risultati ci hanno smentito perchè il campo ha detto tutto il contrario di quanto pensavamo. Ci verrebbe da dire che sono le gesta di capitan Margiotta i simboli della squadra, uno che non tramonta mai e che in ogni giocata c’è amore, competenza, forza, sacrificio, serietà, impegno, abnegazione e invece pensiamo che il simbolo sia il capo abbassato sulle sue braccia, seduto sullo scalino del campo di Brusciano, a coprire quelle lacrime che sono pioggia dorata sui cento anni che l’Agropoli festeggia proprio in questi momenti. Paolo De Cristoforo è uno che a 34 anni suonati ha giocato tra i professionisti, nei massimi campionati dilettanti nazionali, in piazze calorose e vibranti, ha avuto allenatori tra i più gettonati, compagni che hanno militato anche nelle massime serie. Un pareggio in un play out in campionato improvvisato dalla federazione doveva scivolargli addosso senza problemi e invece questo ragazzo si è accartocciato su se stesso e ha pianto. Un gesto indimenticabile che deve far riflettere. Paolo è un ragazzo semplice con il sorriso stampato sulle labbra, il bel volto pulito spesso nascosto da un filo di barba che ne denota il superamento dei 30 anni, la pettinatura anni 60 aggiustata con il passare del tempo e con l’esperienza di vita catturata soprattutto per la presenza della sua vita di un figlio di 10 anni che ama più della sua stessa vita. Lo abbiamo conosciuto poco ma tanto è bastato per capire la sua valenza non solo calcistica sulla quale non ci sono dubbi ma soprattutto umana. Che bello che è questo giovane educato e pieno di vita, ricco di energia e pieno di umiltà che mette a disposizione della squadra in ogni momento. Il baricentro basso, il busto lineare e il passo che si accorcia e si allunga ne fanno un centrocampista razionale di quelli che quando gli dai la palla già sa cosa deve fare. Un regista antico e moderno, basso e tra le linee e soprattutto un sostegno per tutti in campo. E’ stato lui il faro della squadra sul quale Turco ha impostato la cavalcata della squadra che per tutti rimane vincente perché ha incarnato fedelmente i 100 anni di storia in un momento di grande difficoltà. Tutti i protagonisti dal 1921 ad oggi avrebbero voluto una squadra di questo stampo capace di impersonificare gli agropolesi quando scacciarono i turchi dopo le invasioni e quando diedero scacco matto ai saraceni. Lo spirito di questa squadra è stato quello perchè oggi i turchi e i saraceni non sono rappresentati dagli avversari ma da una federazione che ha tentato in tutti i modi di schiacciare i delfini. Gli agropolesi che hanno vissuto questi 100 anni sarebbero orgogliosi di questi ragazzi. Non bisogna essere forti per vincere ma uomini e questi ragazzi uno ad uno lo sono. Perciò vanno ringraziati, hanno fatto dell’Agropoli un fatto personale, la maglia indossata se la sono tatuata e hanno capito cosa significa averla addosso in special modo quando hanno capito che tutta la Campania ha tifato contro il ricorso, per l’Audax e per la Mariglianese. Invece di applaudire questa squadra che festeggia il centenario senza mai essere fallita e senza aver mai cambiato matricola e nome (ci ha comunque pensato il presidente federale Gravina) l’hanno insultata e vilipesa. Un po’ come capita alla Juventus, da sempre da lezioni di organizzazione, forza, serietà e grande esempio in tutto il mondo ma in Italia la insultano, la scherniscono, e cercano ribaltare sempre il risultato del campo mettendone in discussione la serietà.

 

E’ la vita dei perdenti. A Brusciano l’Agropoli ha vinto perché ha completato il ciclo che dura da 100 anni, è entrata nel suo secondo centenario e lo ha fatto con dei calciatori veri, uomini serie i quali rimarranno per sempre nella storia di questa città. Questa squadra è durata solo 3 mesi ma per chi ama i delfini sono bastati per innamorarsi, il risultato conta fino a un certo punto. A cosa sarebbe servita la vittoria del campionato con giocatori delinquenti, mercenari e senza scrupoli? La vera vittoria è questa e la speranza che questi calciatori sentano Agropoli anche la loro città e quando ritornano si sentano a casa loro perché lo hanno meritato. Il tutto è stato possibile grazie a coloro che ci hanno messo la faccia, la forza, l’amore e l’impegno, i dirigenti. Non sappiamo come abbiano fatto ma lo hanno fatto. E anche per loro vale il discorso storico, chi ha fondato l’Agropoli, chi l’ha portata avanti, chi l’ha sostenuta negli anni sarebbero stati tutti orgogliosi della dirigenza attuale. Questi hanno colmato un vuoto che sembrava incolmabile, hanno riempito uno spazio che poteva essere fatale per la continuazione della storia, hanno tenuta accesa la fiammella forse guidati dall’alto da chi questa squadra l’ha sempre amata e la ama anche da cielo, ora devono passare la mano altrimenti la storia dell’Agropoli finisce qua, ma meritano l’applauso di una città ancora assente, ancora sonnolente rispetto al calcio, intorpidita dai cambiamenti ma che quando si sveglierà si ritroverà il delfino sventolante sul pennone più alto. Perciò quelle lacrime di Paolo De Cristoforo hanno un valore inestimabile, sono gocce dorate per questa città, sono valori che non si comprano al supermercato. Si Paolo De Cristoforo, nel nome e nel cognome c’è l’ispirazione Cristiana dalla quale proviene questa città e per la quale i fondatori dell’Agropoli investirono. Alza la testa Paolo, asciuga le lacrime e corri, il calcio ha bisogno di persone come te. Sergio Vessicchio