PAGARE PER GIOCARE ED ALLENARE IN LEGA PRO E DILETTANTI, I RETROSCENA DEL CALCIO 

Esistono giocatori che pagano per giocare e allenare in LegaPro e Dilettanti? E’ ormai diffuso in Italia un vero e proprio mercato nero degli ingaggi che favorisce chi paga per giocare, soprattutto in LegaPro e in Serie D. La realtà è uscita da un’inchiesta del Corriere della sera e confermata anche da un’intervista al campione del mondo Simone Perrotta che ammette di essere a conoscenza della situazione.

E forse è tempo di parlare, di raccontare quale è la situazione, perchè il quadro che emerge è poco rassicurante: da Savona a Gallipoli, da Nord a Sud, passando per accuse e smentite. Il sistema sta emergendo.

Le cause secondo Perrotta iniziano dai dirigenti: «La colpa principale – afferma l’ex centrocampista – credo sia di dirigenti senza scrupoli: per questo ci battiamo tanto per la formazione etica. Poi ci sono le famiglie, disposte a pagare un’illusione: ma se devi mettere dei soldi per far giocare tuo figlio, capisci già che non ha un futuro».

Ma perchè questo accade? «Perché il calcio è una forma di riscatto sociale. Ma le aspettative creano solo disagi. Io ho due figli: sui campi vedo e sento cose che mi fanno davvero pensare». Ci sono poi gli errori a monte: l’obbligo di schierare (ricevendo contributi in cambio) i giovani under 21 in Lega Pro e adesso in serie D non crede che abbia incentivato certe situazioni? «Sì, siamo di fronte a un fallimento totale, anche se quando è stata introdotta questa regola si era pensato di fare del bene. Ma nello lo sport la meritocrazia dovrebbe essere intoccabile. Con quel sistema, si dava e si dà l’illusione di poter fare i professionisti a ragazzi che per la stragrande maggioranza poi tornano ai livelli più bassi del dilettantismo. Oppure smettono».Un altro problema che aggrava lo scenario è il cosiddetto «vincolo». «È rimasto solo in Italia e in Grecia ed è una vergogna. Il genitore firma il contratto del figlio dai 14 anni in poi e fino ai 25 anni il ragazzo è legato alla società. Per svincolarsi deve pagare. E questo può chiaramente creare dei meccanismi poco virtuosi. Una volta era anche peggio, perché il vincolo era a vita e dal 2002 l’Aic è riuscita progressivamente ad abbassare l’età. Sarebbe giusto portarlo a 18 anni».A proposito di formazione: risulta che ci sia anche chi paga per andare in panchina, almeno tra i dilettanti. «Anche per questo la formazione deve riguardare soprattutto i tecnici, in profondità: la passione non basta, ci vuole la competenza. E vale anche per le scuole calcio».Si paga per giocare a calcio e per fare i ciclisti – scrive il Corriere della sera -: nel calcio, di fronte a famiglie sempre più intraprendenti ormai alla caccia di un procuratore anche per i ragazzini di dieci anni, ci si è organizzati come si conviene, fra tangenti, ricatti, truffe ed estorsioni. E il livello tecnico dello sport? Letteralmente svenduto.Di fronte al portafogli ricco, oggi più che mai, il calcio si inchina: nelle serie minori, dove il sistema della quote obbligatorie di giovani in campo ha causato disastri, la pratica è fuori controllo.E ci sarebbe pure il caso da serie A di Antoine Viterale, 19 anni, già transitato per la Primavera del Chievo e prima ancora a Lugano ed Espanyol di Barcellona. Il ragazzo, nato ad Hong Kong e con passaporto italiano e francese è una sorta di uomo immagine dello sponsor JetCoin (una moneta elettronica), che sul suo sito lo presenta come un nuovo Beckham. Con la società di Campedelli, Viterale, figlio di un manager di un grande hotel di Singapore, aveva firmato tre anni di contratto ma le parti adesso sono in causa. Con quella di Setti l’accordo è solo per questa stagione e i soldi sono già arrivati: si parla di 250mila euro per il marchio sul retro delle maglie.L’ultimo caso venuto in superficie si è verificato nei giorni scorsi a Pavia, dove la società (che milita in Lega Pro) ha alzato la voce di fronte alle pressanti richieste di due genitori, che pretendevano di pagare per far tesserare il figlio adolescente, decidendo anche maglia e posizione in campo. «Una roba schifosa» ha sintetizzato il direttore generale del Pavia, Nicola Bignotti.Ma non tutte le società hanno la forza economica e morale di quella pavese, che può contare su una solida proprietà cinese. «E nemmeno tutti i procuratori hanno lo spessore, l’autorevolezza o la volontà di respingere l’assalto delle famiglie – chiosa Claudio Pasqualin, esponente della vecchia guardia degli agenti -. E dico assalto non a caso: la crisi economica ha fatto letteralmente esplodere questo tipo di pratiche in cui spesso sono le famiglie le prime a proporre la trattativa al contrario, pur di piazzare il figlio».L’ex allenatore del Barletta Ninni Corda, coinvolto in estate nel calcioscommesse, è sotto processo per un’accusa di estorsione riferita a quando allenava il Savona: il genitore che lo accusa avrebbe pagato 16mila euro per far giocare il figlio, che in campo evidentemente non ha messo piede. La decisione sul rinvio a giudizio o meno del tecnico è slittata a febbraio.L’ultima denuncia, a settembre, è arrivata però dal Gallipoli contro un suo giocatore che secondo la società offriva denaro per giocare: il padre del ragazzo ha rilanciato dicendo che era solo un modo per far fuori il figlio. Fonte :calcioefinanza.it