DAL COMA AL GOL AL MILAN. IL DIFENSORE DEL CAGLIARI FABIO PISACANE EROE E NON PER CASO

L’anno scorso a settembre è stato uno dei video più cliccati dalla Rete. «Non ce la faccio…» diceva in lacrime Fabio Pisacane dopo aver raggiunto attraverso mille difficoltà il suo sogno: la serie A. «A 14 anni ero nelle giovanili del Genoa. Una mattina mi svegliai e non riuscivo più ad alzare le braccia: ero stato colpito dalla sindrome di Guillain Barré, una malattia che attacca il sistema nervoso portando alla paralisi». Rimase in ospedale per tre mesi e mezzo, per venti giorni in coma. «Eppure la malattia non è venuta per uccidermi ma per completarmi» sospira il difensore del Cagliari, l’ultimo giocatore ad aver segnato al Milan (che finora ha realizzato 12 gol senza prenderne) in una gara ufficiale: il 28 maggio per Pisacane è arrivata la prima rete in A. «Veramente? Non ci avevo fatto caso, anche perché non è che di gol ne faccia molti eh… Mi auguro che a questo punto sia di nuovo un giocatore del Cagliari a interrompere l’inviolabilità di Donnarumma domenica sera». La sua carriera dopo la ripresa dai problemi di salute è stata spesa fra i campi di B e di Lega Pro, lontano dalla ribalta e dalle copertine. «Ma era già una grande conquista. In ospedale prima pensavo solo a vivere. Anche se mio papà mi ha raccontato che un giorno sbottai: “Se non posso più giocare, allora è meglio morire”». Nel 2011 al Lumezzane viene travolto da una nuova onda anomala: denuncia un tentativo di corruzione del ds del Ravenna, Giorgio Buffone, pronto a offrirgli 50.000 euro per perdere la partita. «Ringrazio il Lumezzane che mi ha consigliato, protetto e indotto a prendere la decisione giusta. Avevo 25 anni e non era semplice gestire certe situazioni. Eppure non me la sento di giudicare chi ha ceduto al ricatto: è come valutare un libro dalla copertina. Bisogna conoscere le motivazioni che ci sono dietro: in fin dei conti non mi sento più onesto di chi si piega a una combine, forse solo più coraggioso». La Fifa lo nomina ambasciatore. «Grazie a Blatter a dire il vero. Ma anche con Infantino ora ho un ottimo rapporto: mi ha invitato alla partita delle Leggende, dopo il suo insediamento. Fra tanti campioni non c’entravo proprio niente». E dire che uno scenario del genere sembrerebbe impronosticabile per chi è nato in un contesto non proprio educativo. «Sono cresciuto a Napoli, nei Quartieri Spagnoli ai tempi della più grande faida di sangue, fra il 1996 e il 2000. Giocavo fra i vicoli con gli altri bambini quando gli spari e i morti ammazzati erano routine. Si aspettava il carro funebre, portavano via il cadavere e si ricominciava a giocare». Siccome la vita di Pisacane è una collana di cadute e di happy end, non costa nulla fissare il prossimo obiettivo. «Il mio sogno fuori dal cassetto è la Nazionale» dice il ragazzo tappezzato di tatuaggi. «Ne ho 28 ma quello a cui sono più legato è una mano ritratta sulla coscia destra con la scritta “Giorgio”. È dedicato a un volontario dell’ospedale che mi trattò come il figlio che non aveva. Ora calcio con il destro e in fondo penso che dietro ci sia anche il suo contributo». (Corriere della Sera)