SALERNITANA, IN SOFFITTA I CRITICONI DI PROFESSIONE

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I fuochi d’artificio li hanno esplosi loro all’Olimpico. Da “incapaci” a “convincenti”, per usare le stesse parole di Davide Nicola in conferenza stampa, sono bastate quattro partite di campionato: le ultime.
Quelle che hanno riabilitato il lavoro dell’allenatore e il peso specifico dell’organico granata; che hanno fatto rimangiare le peggiori cattiverie ai criticoni per professione; che hanno riproposto il sinallagma d’amore tra la classifica (della squadra) e le ambizioni (della società).
I numeri non mentono: nove punti (su dodici disponibili), nei trascorsi 360 e passa minuti di gioco, hanno trascinato la Salernitana sul podio della serie A. Terza per rendimento, in buona compagnia (Milan e Juventus, tanto per citare le più blasonate), e dietro soltanto all’inarrestabile Napoli di Spalletti e alla ringalluzzita Inter di Inzaghi, che hanno centrato l’en-plein.
La Lazio è stata messa sotto dalla Salernitana, anche in questa speciale graduatoria, alla faccia di Lotito che non ci ha mai calcolato pure quando eravamo di sua (co)proprietà. E alla faccia di Sarri, che ci ha snobbato al punto da preservare (inizialmente) Milinkovic-Savic per il derby con la Roma e da ritenere già archiviata la pratica granata dopo il golletto di Zaccagni sul finire della prima frazione di gioco.
Eppure, alla vigilia di questo mini ciclo quasi da incorniciare, poco ci mancava che Nicola (all’”ultima spiaggia” col Verona, per chi ha la coda di paglia) fosse presentato il foglio di via obbligatorio da quella parte sempre più frustrata e umorale della tifoseria granata (che ha ripreso a sputare veleno, sui social, immediatamente dopo lo svantaggio sul campo dei biancocelesti) e da quella meno paziente della schiera di consiglieri a latere del presidente Iervolino (pure lui apparso troppo insofferente e corrucciato nelle smorfie in tribuna autorità).
E poco ci mancava che la squadra – dai “bersagliati” Sepe e Gyomber, ai lungodegenti Bohinen e Lovato, ai (prematuramente) “bocciati” Bradaric e Botheim – andasse rifatta di sana pianta e il direttore sportivo De Sanctis messo al rogo nella pubblica piazza (della Libertà).
Continuiamo a difettare di equilibrio (nei giudizi) e di pazienza (per i risultati), sebbene l’esperienza del passato qualcosa dovrebbe avercela insegnata. E, invece, niente: esaltazione o depressione, entusiasmo o disfattismo, bianco o nero. Mentre dovremmo essere fieri e orgogliosi – a prescindere dalla vanagloria di essere a sinistra piuttosto che a destra in classifica – di una società che ha la sfacciataggine di alzare sempre più in
alto l’asticella, di un direttore sportivo che in Italia e all’estero non ha dilapidato sul mercato le risorse economiche del presidente, di un allenatore (per il quale mi ascrivo il merito di averlo supportato durante la tempesta di maldicenze) e di un gruppo che si stanno amalgamando e che hanno già scritto le pagine più gloriose della storia ultracentenaria della Salernitana: la vittoria all’Olimpico con la Lazio, dopo il pari all’Allianz Stadium con la Juventus.
Godiamoci questo momento, gonfiamoci il petto, ma non montiamoci la testa oltremisura. “Ora non pensiamo di poterle vincere tutte”: parole sempre di Davide Nicola, post Lazio-Salernitana. Parole sante di chi, in meno di un anno solare, ha già capito la piazza di Salerno meglio di coloro che ci sono nati e ci vivono da sempre.
E parole sante di chi si è conquistato il diritto a giocarsela fino in fondo questa stagione, facendo tesoro dei suoi errori, mostrandosi meno integralista tatticamente e iniziando a sfruttare le alternative della rosa e la qualità degli uomini (vivaddio pronti fisicamente e atleticamente) che ha a disposizione. Enrico Scapaticci

 

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